Belluno, 18 ottobre 2018 – Dopo un 2017 in risalita, nel 2018 il prezzo del latte è nuovamente crollato. Alla base della crisi la sovrapproduzione europea e il calo del prezzo del burro, cui si aggiunge la concorrenza interna della Lombardia, che ha aumentato moltissimo la produzione causando una saturazione del mercato. Una mazzata che rischia di rimandare nel baratro i produttori bellunesi, che provengono da un decennio durissimo in cui si è dimezzato il numero di allevamenti, crollando da oltre 500 a circa 250.
Per questo stamattina Confagricoltura Belluno e Cia Belluno sono andati in Regione a illustrare il grave stato della zootecnia montana, chiedendo un sostegno urgente agli allevatori di montagna. Erano presenti Gianni Slongo, rappresentante per il settore latte di Confagricoltura Belluno; Luca Cosul e Mauro Alpagotti, presidente e direttore di Cia Belluno; e Gianluca Fregolent, direttore del settore sviluppo economico della Regione Veneto. Al tavolo era attesa anche Coldiretti, che non si è presentata.
Nell’incontro gli esponenti delle organizzazioni hanno ribadito che il lattiero caseario rimane un settore di vitale importanza del territorio bellunese, ma che senza misure di sostegno rischia di scomparire. Le proposte messe sul tavolo sono di un contributo in conto interessi, un aumento dell’indennità compensativa, l’aumento del contributo sfalci per la salvaguardia del territorio, una riduzione dell’accise sul gasolio, un intervento sulla raccolta del latte e misure specifiche nel prossimo Psr.
“Decine di nostre aziende si avviano verso la chiusura – ha spiegato Gianni Slongo -. Non hanno risorse finanziarie per affrontare le spese correnti, dagli alimenti per gli animali al gasolio, perché stanno lavorando in perdita. Nel 2018 il latte in provincia di Belluno è stato pagato con un acconto di 35 centesimi al litro, quando i costi di produzione per il latte di montagna vanno dai 45 ai 55 centesimi. I contributi del fondo latte arrivati in primavera sono stati una boccata d’ossigeno, ma non bastano a coprire i mutui e gli indebitamenti effettuati per gli investimenti di questi anni. Abbiamo bisogno che la Regione ci sostenga perché ogni soldo investito in una stalla montana rappresenta non un onere, ma un investimento per garantire il presente e assicurare un futuro alle giovani generazioni”.
Cosul ha rimarcato come sia impensabile che il latte di montagna possa essere remunerato come quello di pianura: “Noi svolgiamo un servizio per il territorio e per l’ambiente. Il presidio di montagna ha ricadute positive anche per quanto riguarda l’aspetto idrogeologico e crea un indotto economico in aree marginali, che ha ancora spazio per l’insediamento di attività produttive al contrario delle zone industriali di pianura, già cariche di allevamenti. Chiediamo aiuti smart, cioè veloci e diretti, per sostenere aziende che altrimenti saranno costrette alla chiusura. Ricordiamo che ogni ettaro che gli agricoltori perdono equivale al bosco che avanza e quindi a un’incuria sotto il profilo agronomico e ambientale”.
Sia Cia che Confagricoltura hanno stigmatizzato l’assenza di Coldiretti: “Era importante che a un incontro convocato urgentemente per una crisi così grave del latte fossero rappresentate tutte le associazioni. Auspichiamo che quanto accaduto oggi non si ripeta più e che in questi frangenti si parli un’unica lingua, in rappresentanza di tutti i produttori”.