Il ciclo di rialzi del  2022 e del 2023 finalmente si chiude ora con un riduzione da 25 punti base che porta il tasso sui rifinanziamenti principali dal 4,50% a 4,25%, quello sui depositi dal 4% al 3,75%, e quello sui prestiti marginali dal 4,75% al 4,50%.

Una boccata d’ossigeno per famiglie e imprese che potrebbe presto rendere più appetibili mutui e prestiti diventati comunque meno cari. La Bce però ritiene che la strada verso la normalizzazione sarà accidentata e non programmabile. Ciò non può che preoccuparci in quanto i tassi alti frenano gli investimenti e l’innovazione delle imprese.

La sforbiciata era attesa. La sorpresa è invece arrivata dalla revisione al rialzo delle stime sull’inflazione. Per il 2024 sale al 2,5% dal 2,3% indicato a marzo, facendo slittare anche l’arrivo al target del 2% previsto nel 2025, perché le nuove previsioni la vedono al 2,2% in media d’anno. In deciso rialzo la stima di crescita del Pil, a 0,9% da 0,6% per il 2024 (con revisione a 1,4% da 1,5% per il 2025). 

L’inversione di marcia è stata accolta con favore dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che la considera una “decisione attesa, opportuna, coerente con la situazione attuale e, guardando gli ottimi dati di riduzione dell’inflazione in Italia, ben al di sotto della media dell’area euro…anche doverosa. Era ora”.